Un “Piano Logistica 4.0” per la revisione del Pnrr. L’approfondimento a cura del presidente FLC

Riportiamo di seguito l’articolo a cura del presidente FLC, Massimo Marciani, pubblicato in data 25 luglio 2023 su Affaritaliani.it 

Pnrr e il Piano Logistica 4.0

La relazione del governo sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è un documento di 146 pagine (e 437 pagine di allegati) che costituiscono una fotografia di come il nostro Paese sta spendendo 191,5 miliardi di euro, l’equivalente di 5 manovre finanziarie, tanto per comprenderne appieno la portata.  Il quadro della situazione sembra essere abbastanza complicato con ben 118 misure (su un totale di 527) che riscontrano delle fragilità. La logistica è presente soltanto in 5 misure. Sostanzialmente si tratta di misure legate alla digitalizzazione dei processi ed alla semplificazione delle procedure. Insieme a queste poi ci sono misure rilevanti per gli aspetti energetici ed ambientali quali quelle per promuovere il biometano e l’idrogeno per il trasporto anche delle merci. Non è molto ma almeno sarebbe stato un inizio se queste fossero state realizzate in linea con quanto programmato. Ed invece siamo ancora al punto di partenza, anzi peggio, stiamo facendo dei passi indietro nel processo di innovazione e di semplificazione del nostro Paese, evitando di introdurre quelle riforme che potrebbero sbloccarne il potenziale.

Pnrr, export vale il 30% del Pil, ma il nostro sistema logistico è al 19° posto per efficienza

Il Logistic Performance Index che misura l’efficienza dell’industria logistica mondiale relega l’Italia al 19° posto, dopo tutti i Paesi Europei, Svizzera inclusa. Ed il fatto di non considerare il peso strategico ed economico della logistica è ancor più grave se è vero, come è vero, che oltre 30% del nostro PIL è dovuto all’export. Quindi l’Italia un Paese che strutturalmente è privo di materie prime – che deve importare dunque nel modo più efficiente ed economico per le nostre aziende – e che le trasforma realizzando prodotti di marca e meccanica di precisione che poi vende in tutto il mondo non mette la logistica al primo posto fra le industrie strategiche. Una scelta, anzi una non scelta suicida.

Pnrr e le innovazioni necessarie

I nostri imprenditori che la considerano ancora come una commodity da acquistare su un mercato selvaggio e destrutturato al prezzo più basso mentre proprio qualche giorno fa la Commissione Europea ha proposto misure volte a rendere il trasporto merci più efficiente e sostenibile, migliorando la gestione dell’infrastruttura ferroviaria, offrendo maggiori incentivi agli autocarri a basse emissioni e migliorando le informazioni sulle emissioni di gas a effetto serra delle merci. L’obiettivo è aumentare l’efficienza del settore, aiutandolo a contribuire all’obiettivo di ridurre le emissioni dei trasporti del 90% entro il 2050, come stabilito nel Green Deal europeo, consentendo nel contempo al mercato unico dell’UE di continuare a crescere. Esattamente il contrario di quello che stiamo facendo noi in Italia.

Avevamo definito il PNRR durante la sua originaria formulazione da parte del Presidente Draghi come un nuovo Piano Marshall per l’Italia. Avevamo dato come indicazioni da parte degli stakeholder del settore la urgenza di puntare su transizione ecologica, trasformazione digitale e potenziamento delle infrastrutture strategiche. I fondi in arrivo dal Next Generation EU dovevano costituire un’opportunità unica e irripetibile per poter finalmente intervenire, in nome della semplificazione, dell’innovazione e della sostenibilità, sul gap di competitività che da molti anni penalizza il nostro Paese, specialmente nella logistica. Avevamo sperato che il PNRR puntasse non solo sull’hardware del sistema della mobilità e dei trasporti, ma soprattutto sul software del sistema, il tutto sempre in una visione sistemica e integrata del Paese, dal momento che la logistica non è mai fine a sé stessa, ma è sempre al servizio dell’industria. I provvedimenti inseriti nel PNRR, inclusi quelli che riguardano trasporti e logistica, avrebbero dovuto essere focalizzati su iniziative volte ad aumentare la capacità del sistema individuando progetti in grado di generare opportunità di business, valore aggiunto e, soprattutto, occupazione qualificata. Ed invece il PNRR è diventato una raccolta sconclusionata di troppi interventi di piccole dimensioni o di inutili opere faraoniche, e quindi la soluzione sembra essere quella di spendere le risorse che prendiamo in prestito in modo per così dire keynesiano, sperando che la costruzione di un ponte possa drenare sufficienti investimenti in grado di adempiere agli impegni di spesa con Bruxelles ed allo stesso tempo creare fideisticamente ricchezza ed efficienza di sistema.  Ma sappiamo bene che non è così. Dare tutte le risorse a società sotto il controllo diretto o indiretto del MEF abbrevia i tempi di impegno di spesa – non passando attraverso le gare – ma non potrà mai creare il medesimo effetto positivo di investimenti indirizzati attraverso un concorso competitivo per progetti dove è necessario e non dove se ne ravvede una opportunità.

In un Paese dove l’85% delle merci viaggia su gomma, dove ci sono oltre 88.000 aziende di autotrasporto conto terzi, dove solo meno dell’1% ha una flotta con un numero di mezzi che si possa definire industriale, dove le numerosissime regole e regolamenti sono sempre più complesse ed articolate per renderle di fatto inapplicabili, dove è ancora possibile trasportare merce con un contratto non scritto, dove non abbiamo un campione nazionale ed invece l’antitrust deve rincorrere i tentativi di creazione di monopoli o cartelli a partire dai grandi armatori marittimi che stanno di fatto integrando i diversi modi di trasporto acquistando terminali marittimi, società ferroviarie, società di autotrasporto ed anche aeree.  Il PNRR è finanziato dall’Ue con 191,5 miliardi di euro. Quasi 60 miliardi sono a fondo perduto e non dovranno essere restituiti, mentre 122,6 miliardi sono prestiti. L’Italia avrà trent’anni di tempo per restituirli all’Ue con tassi di interesse più bassi rispetto a quelli con cui si finanzia sui mercati.

Pnrr, le scadenze dell’Italia

Per ricevere i soldi del PNRR l’Italia deve centrare ogni sei mesi una serie di scadenze e di volta in volta chiedere alla Commissione l’erogazione di una delle dieci rate. Ricordiamo che il piano contiene varie riforme, per esempio per migliorare la giustizia e la pubblica amministrazione, e investimenti per costruire infrastrutture, sostenere la transizione ecologica e digitale, e migliorare l’istruzione e la sanità. Entro la fine di giugno 2026 il nostro Paese dovrà raggiungere 527 tra traguardi e obiettivi. I traguardi (milestone) sono risultati qualitativi, mentre gli obiettivi (target) sono risultati quantitativi.

Perché non si predispone un Piano di consolidamento dell’industria logistica, apportando quelle modifiche e semplificazioni che le aziende oneste del nostro Paese attendono da tempo, con piccole riforme, interventi mirati come la digitalizzazione di tutte le transazioni in modo da impedire pratiche scorrette che alterano il mercato attraverso l’evasione ed elusione dei versamenti dell’IVA – per contrastare definitivamente questa pratica sarebbe sufficiente inserire il reverse charge per tutte le aziende di trasporto – andando a rendere obbligatorio i contratti in forma scritta, tracciando tempi di percorrenza (non solo i km percorsi), velocità medie e tempi di attesa al carico/scarico, riconoscendo le inefficienze delle piattaforme e delle infrastrutture così come avviene per i taxi in attesa del cliente, in modo automatico senza la necessità per il trasportatore di richiederlo in un contesto assolutamente asimmetrico con la committenza. Assicurare una leale competizione controllando nel dettaglio i rimborsi per le accise derivanti dall’acquisto dei carburanti in modo da individuare chi, facendo concorrenza sleale, utilizza gasolio marittimo o agricolo o, ancor peggio, di contrabbando. Cinque mesi fa una nota del Governo informava che “era stata raggiunta un’intesa con la Commissione europea, così come previsto dai regolamenti europei, per la revisione del piano nazionale di ripresa e resilienza. Un importante successo che permetterà una gestione più efficiente dei fondi del PNRR, per far fronte alle nuove necessità e priorità scaturite in seguito ai recenti eventi internazionali, come la guerra in Ucraina e il caro energia”. Ma a tutt’oggi l’Italia non ha ancora presentato all’Ue una proposta ufficiale per la revisione del PNRR. Il Freight Leaders Council conferma le indicazioni date al momento della predisposizione del PNRR chiedendo a gran voce che il nostro Paese investa in un Piano Logistica 4.0 organico e sinergico, che veda valorizzata la posizione geopolitica del nostro Paese attraverso la creazione di un vero e proprio ecosistema con l’industria italiana. Finanziare e realizzare un sistema “end to end” dal momento di acquisizione della materia prima fino alla distribuzione del prodotto finito.

Un sistema che sia in grado di tracciare non solo la spedizione ma il singolo collo per attribuire ad ognuno un “carbon footprint” in grado di aiutare industria e consumatori ad avviare un sano processo di decarbonizzazione in termini di economia circolare. Favorire poi la rottamazione di 20mila licenze di autotrasporto ed allo stesso tempo operare una forte decontribuzione sul costo del lavoro del comparto logistico. Applicare tutte le normative in essere ed in particolare quella relativa alla responsabilità solidale al fine di rendere i processi di subvezione trasparenti, senza rendite di posizione e senza sfruttare l’anello più debole della catena, il cosiddetto padroncino. Dare trasparenza ai tempi di attesa al carico e allo scarico – responsabili della carenza di autisti – attraverso un sistema telematico di verifica mettendo a sistema il posizionamento dei mezzi ed i tempi di ingresso/egresso dall’infrastruttura. Ed in ultimo realizzare un piano di promozione dell’intermodalità attraverso l’interoperabilità dei diversi vettori tramite un “data space” comune, andando a finanziare non più l’offerta di servizi ma la domanda di logistica intermodale, in modo da stimolare la nascita di nuovi operatori multimodali in concorrenza fra loro per offrire all’industria soluzioni sempre più vicine alle sue necessità. Qualunque sarà la valutazione del governo, il tempo rimasto è poco: la data definitiva entro cui l’Italia deve comunicare le modifiche che vuole apportare – per poi iniziare la trattativa – è il 31 agosto. Il rischio è che operando per opportunità e non per necessità si possano forse spendere tutti i soldi che il Governo Draghi ha prenotato con la Commissione Europea ma lasciando sempre il nostro Paese al 19° posto nella classifica dell’efficienza logistica e sicuramente molto più indebitato di oggi.

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