Nato sotto il segno della condivisione: i grandi della logistica insieme nel nome dell’intermodalità e della sostenibilità. Conversazione con Marco Spinedi

“L’intuizione iniziale è stata quella di capire che tutte le modalità del trasporto potevano collaborare alla ricerca di soluzioni per aumentare la competitività delle nostre imprese industriali sui mercati internazionali, che le aziende pubbliche potevano lavorare con gli operatori privati, che solo dal confronto fra discipline diverse potevano nascere buone pratiche utili per lo sviluppo della logistica”. Cominciamo questa avventura ripercorrendo a ritroso i trenta anni di vita del Freight Leaders Council conversando con Marco Spinedi, presidente dell’Interporto di Bologna.  Collega e amico di Giuseppe Pinna, visse fin dall’inizio l’avventura del fondatore dell’associazione con l’ambizione di mettere allo stesso tavolo i leader della supply chain.

“Pinna era già uscito del gruppo FS dove si occupava di cargo ferroviario – racconta Spinedi – da alcuni anni aveva fondato la rivista ItaliaMondo. Nel 1991 insieme ad alcuni collaboratori e molti nomi importanti dell’industria come Fiat, Barilla e Procter&Gamble fondò il Freight”. Vi presero parte nomi molto noti nel settore, alcuni destinati a occupare cariche importanti. Aldo Gatti, storico presidente di Confetra, Antonio Giacoma, responsabile dell’ufficio studi di Confetra, l’armatore Ignazio Messina, Mauro Ferretti, direttore commerciale delle Ferrovie dello Stato, Eugenio Muzio di Cemat, Antonio Malvestio di Procter&Gamble, il professor Sergio Bologna. Alle riunioni del Freight partecipava spesso Giancarlo Tesini, più volte deputato e ministro e padre ispiratore della prima riforma dei porti, successivamente presidente di Federtrasporto.

 Intermodalità e interdisciplinarità alle origini del FLC

Obiettivo del Freight era quello di dare maggiore respiro ed uno slancio operativo alle tesi che già animavano la rivista. “Erano anni di grande fermento, in cui il traffico camionistico era in grande espansione su tutte le direttrici – ricorda Spinedi – ed allo stesso tempo si puntava a rilanciare il trasporto merci su ferro. Contemporaneamente, si cominciava a discutere di liberalizzazione del trasporto ferroviario, in risposta alla Direttiva 91/440/CEE. All’inizio, il paese più avanzato in tal senso era il Regno Unito, mentre l’Europa arrancava, sotto la pressione dei monopoli nazionali. La discussione si incentrava sulla separazione fra infrastruttura e servizi e, nel caso delle merci, su come dare slancio all’intermodalità partendo da nuove basi. In questa fase furono due gli elementi che contraddistinsero l’azione del Freight: il convinto sostegno al trasporto intermodale, con la consapevolezza che pubblico e privato potevano e dovevano dialogare e che l’autotrasporto poteva lavorare insieme al gruppo FS e, in prospettiva, anche ad altre imprese ferroviarie private. L’altro elemento, l’interdisciplinarità: la ricchezza che proveniva dal fatto di collaborare fra soggetti con formazione ed esperienze (ingegneri, economisti, giuristi, politici, ecc.) diverse, tutti concentrati sul tema della logistica. Un approccio che consentiva una visione aperta ed allo stesso tempo composita delle difficili problematiche presenti sul tavolo”.

I cenacoli e gli incontri di Saturnia

La volontà di mettere intorno allo stesso tavolo persone dal background professionale ed umano molto diverso è stata una delle caratteristiche che ha contraddistinto il Freight fin dall’inizio, dando all’associazione la configurazione di un’alleanza tra aziende, imprenditori e manager, all’insegna della logistica sostenibile. “Pinna ha sempre incoraggiato – aggiunge Spinedi – l’autonomia di pensiero e la discussione aperta e franca. Questa modalità ha favorito la nascita di veri e propri cenacoli, dove il confronto avveniva con continuità e metodo. Ricordo gli incontri di Saturnia, in occasione di un week end lungo in primavera fatto di discussioni animate, approfondimenti, analisi e… momenti di vero relax”.

Liberalizzazione del cargo ferroviario e il franco fabbrica

Fin dai primi anni, l’impostazione del Freight fu favorevole alle liberalizzazioni. “L’associazione – spiega Spinedi – appoggiò fin da subito la nascita di un mercato aperto per il cargo ferroviario. Accolse con molto favore il fiorire delle prime imprese ferroviarie private in un’ottica di collaborazione con le altre modalità, a partire dall’autotrasporto. Contemporaneamente, si aprì un intenso dialogo con Federtrasporto, presieduto allora, come ricordato, dall’on. Giancarlo Tesini e si cercò di far conoscere la logistica all’industria manifatturiera italiana, impostando fin d’allora la discussione sul necessario superamento del franco fabbrica come necessario presupposto per ottenere risultati duraturi”. Insomma, intuizioni che appaiono precoci ancora oggi come quella di scegliere una donna per la successione. “Quando Pinna si fece da parte – conclude Spinedi – lasciò il testimone ad una donna, Roberta Gili, imprenditrice del settore. Una mossa non scontata allora, quando le figure femminili ai vertici delle società erano ancora meno di oggi”. Ma questo merita un’altra puntata….

 

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