Ossani (Federtrasporti): “L’autotrasporto faccia squadra per crescere e affrontare le sfide future”

La crisi economica è stata una grande lezione per l’autotrasporto e la logistica: ha insegnato al settore a guardare alla forza che scaturisce dall’unione. Fabrizio Ossani, coordinatore generale di Federtrasporti, socio del Freight Leaders Council, non ha dubbi: “per affrontare le sfide dei mega trend che interesseranno il futuro – dice in questa intervista – l’unica strategia vincente è quella di fare squadra”.

Per cominciare presentiamo Federtrasporti: si tratta di una delle realtà più importanti dell’autotrasporto italiano. Ci può raccontare come è nata e che cosa rappresenta oggi?

Federtrasporti nasce nel 1971, sui principi dell’associazionismo e della mutualità, come ente a tutela degli interessi economici dei nostri soci e per la crescita della cultura giuridica e imprenditoriale. Oggi raggruppa 55 enti soci, che svolgono attività di trasporto, logistica e movimentazione merci,  per un totale di circa 5000 veicoli, 7000 allestimenti oltre che magazzini e piazzali. Federtrasporti si occupa del monitoraggio del mercato, di acquisti centralizzati, di elaborazione di progetti logistici e formativi oltre che di rapporti istituzionali a vari livelli.

Siamo in una fase politica molto delicata. Che cosa, secondo Lei, dovrebbe fare il prossimo governo per aiutare il rilancio dell’autotrasporto e della logistica?

La crisi economica è stata una grande lezione per il nostro settore che ha cominciato a considerare la forza che scaturisce dall’unione come una grande risorsa per le imprese, un aiuto a  lavorare e a crescere senza dover dipendere troppo dalla politica. Tuttavia, nel breve periodo ci saranno dei nodi che il prossimo esecutivo dovrà sciogliere. Me ne viene in mente uno molto pratico: dal 1° luglio sarà obbligatoria la fatturazione elettronica per l’acquisto del gasolio. Per le forme cooperative si apre un grande punto interrogativo su come gestire l’acquisto collettivo del carburante e il passaggio ai singoli soci. Ci vorrebbe una circolare esplicativa per indicare i procedimenti accettati: i rischi non sono da sottovalutare. Senza la corretta applicazione di tale norma si rischia la mancata deducibilità del costo del carburante, che per un’azienda di trasporto rappresenta almeno un terzo dei costi, oltre che l’impossibilità di non “scaricare” l’Iva e di non accedere al rimborso delle accise.

Un tema molto importante da seguire nel medio periodo è invece il pacchetto stradale che è in discussione in Europa. Su questo fronte c’è bisogno di un maggiore intervento dell’Italia sui tavoli comunitari. Nel recente passato sono stati fatti errori approvando norme concepite per uno scopo, ma che all’atto pratico sortiscono effetti opposti. Per esempio, il proliferare, in tanti Stati europei, di diverse normative (reddito minimo garantito, divieto di riposo in cabina,ecc.) pensate per frenare il dumping sociale di aziende dell’Est,beneficiate da minori costi operativi, hanno finito per produrre una moltiplicazione di aspetti burocratici per le imprese della Vecchia Europa. Dall’altro lato occorre vigilare sulle conseguenze di un’eccessiva liberalizzazione di certe regole come quella del cabotaggio stradale. In sintesi occorre maggiore omogeneizzazione in ambito comunitario dei vari trattamenti economici sociali e normativi.

Il costo del lavoro è uno delle questioni più importanti oggi per l’autotrasporto in Europa. Nei giorni scorsi avete presentato come Federtrasporti un lavoro sul nuovo contratto collettivo nazionale dell’autotrasporto riunendo a Bologna le maggiori associazioni del settore. Come è andata?

La presentazione della guida “Il lavoro che cambia – Tutte le novità del CCNL Autotrasporto”, pubblicata dalla nostra testata Uomini e Trasporti ha avuto il merito di dare uno strumento concreto alle imprese per orientarsi rapidamente tra le numerose innovazioni del nuovo testo contrattuale. Il convegno di Bologna è stato un utile momento di confronto in cui sciogliere le tensioni che la definizione del testo aveva fatto nascere tra le varie associazione firmatarie del contratto:da una parte il mondo cooperativo, che si è staccato dalla trattativa e ne sta conducendo una separata; dall’altra Anita e le associazioni aderenti a Conftrasporto, che hanno siglato con riserva (sciolta poi negativamente dall’associazione confindustriale), lasciando così alle associazioni dell’artigianato la piena e convinta sottoscrizione dell’accordo. Il merito del dibattito, invece, è stato proprio quello di mettere intorno a uno stesso tavolo le diverse posizioni e di far emergere la disponibilità di tutti a superare il problema, in nome dell’unità della categoria. Perché la capacità di fare squadra, a maggior ragione in un momento di crisi politica come quello attuale, è stata riconosciuta da tutti come un fattore determinante per la tutela delle imprese del settore.

Il futuro sarà caratterizzato da importanti mega trend come l’urbanizzazione, l’e-Commerce e l’impatto ambientale. Secondo lei come l’autotrasporto deve prepararsi per affrontarli?

Mi sembra che in questi mesi si stia pian piano facendo più chiaro il concetto di carburante alternativo, abbiamo fatto passi da gigante in direzione del GNL, ma anche la tecnologia dell’Euro 6 per il gasolio ha di fatto abbassato notevolmente l’impatto ambientale dei mezzi. E’ chiaro che il trasporto deve fare i conti con una realtà in grande divenire e una committenza che chiede performance sempre più dinamiche. Come abbiamo sottolineato nell’ultimo Quaderno del Freight Leaders Council sull’e-Commerce spesso siamo vittime della “logistica del capriccio” con una forte abitudine alla consegna a domicilio. Anche per questo vale la pena di guardare all’Europa e, così come consiglia il lavoro del FLC, aumentare il numero dei punti di consegna elettronici, i lockers. Si tratta di infrastrutture fondamentali per fluidificare i flussi che le amministrazioni devono mettere in campo proprio per gestire questi mega trend.

Infine, come secondo Lei può essere favorita la spinta verso la sostenibilità dei mezzi?

Spesso l’input parte dalla committenza, ma oramai anche molte aziende sono diventate sensibili all’impatto ambientale. Il timore che frena gli investimenti è però sempre il medesimo: l’instabilità economica e la precarietà dei rapporti e dei contratti. In questo ambito, un piccolo passo in avanti è stato fatto anche grazie alla banca dati sulla regolarità delle aziende messa a punto dall’Albo degli autotrasportatori che ha contribuito a creare maggiore chiarezza e aiutato la distensione dei rapporti tra vettori e committenza.

 

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