Nulla sarà come prima: le opportunità della società post-Covid19

Non dobbiamo per nessuna ragione al mondo consentire che una crisi così grave, con il suo drammatico contributo di decessi, diventi una occasione sprecata. Ci troviamo nel bel mezzo di un’emergenza globale senza precedenti, i cui costi – già contabilizzati finora – sono più alti di quelli che abbiamo sostenuto in occasione della Prima e della Seconda Guerra Mondiale.

Il virus sta viaggiando in tutto il pianeta, colpendo le persone più deboli senza distinzioni di razza, religione, cultura e reddito. All’inizio abbiamo pensato fosse possibile rispondere applicando soluzioni locali estemporanee, i Governi dei Paesi colpiti hanno reagito su base individuale, intervenendo con misure non coordinate fra di loro né tanto meno sinergiche. Ma di fronte a quella che si è poi rivelata essere una pandemia globale, questa scelta sta oggi mostrando i suoi limiti e i Paesi stanno convergendo su un modello unico di guerra al COVID-19, un modello fondato sul distanziamento sociale, sul lockdown, sulla quarantena, sul divieto di spostamento e, in sostanza, sull’isolamento sociale.

L’interruzione immediata e quasi contemporanea di eventi, viaggi, attività di produzione dei beni, servizi e commercio tradizionale in tutto in mondo, porta inevitabilmente con sé una serie di conseguenze indesiderate e indesiderabili. Ma come possiamo fare in modo che dal caos di queste settimane possano nascere opportunità per il nostro Paese?

Nulla sarà più come prima. Abbiamo spesso utilizzato questa espressione in momenti drammatici della nostra storia recente: la grande crisi del 1929, che ha causato negli anni successivi 7 milioni di vittime, o l’attacco alle Torri Gemelle del 2001, con le sue 3.000 vittime in diretta TV. In quei casi sono stati adottati strumenti di controllo (della Borsa, della sicurezza negli aeroporti) e accorgimenti specifici. Ma siamo comunque tornati alla vita di tutti i giorni con il fluire del tempo, sui binari che conosciamo e che abbiamo sempre conosciuto.

Non ora. Non per questa crisi globale. Non succederà questa volta. Non sarà più possibile tornare alla vita che conoscevamo prima del COVID-19, ma sarà necessario riscrivere le regole del gioco e costruire un nuovo modello di sviluppo resiliente. Ci ritroveremo senza dubbio a fronteggiare altre situazioni di emergenza come questa in futuro. Nulla sarà, appunto, più come prima.

Non lo sarà dal punto di vista istituzionale, sanitario, economico e, soprattutto, sociale. Proviamo ad immaginare il perché.

Gli effetti economici

Per l’economia mondiale si tratta di una delle crisi più drammatiche mai vissute, sia perché per sua natura è su scala globale sia perché, oltre a spazzare via attività e aziende che erano già in difficoltà prima dell’emergenza, indebolisce fortemente anche quelle in salute. Molti osservatori economici qualificati sono ormai concordi sul fatto che la pandemia economica sarà molto più dolorosa della pandemia virale. In questo triste conteggio delle perdite, possiamo senza dubbio affermare che il tasso di mortalità derivato da una cattiva gestione dell’emergenza economica possa raggiungere percentuali molto più elevate di quelle che attualmente vengono comunicate dai bollettini della Protezione Civile.

Nelle economie di mercato, infatti, il denaro che esce dalle tasche di un individuo costituisce – al netto delle tasse – il reddito che entra nelle tasche di un’altra persona. Ecco come funziona, in modo esemplificativo, la nostra economia globale che vale 87 trilioni di euro. Per questo, in un mercato come il nostro, l’effetto domino che si ingenera avviene quando un ampio settore della nostra società smette di spendere: questo effetto moltiplicatore si propaga velocemente – come un virus appunto – colpendo tante persone in Paesi differenti.

markus-spiske-Ikf439frOLg-unsplashIl trasporto aereo è investito da un cambiamento del modello business di dimensioni epocali, specialmente per quanto riguarda il segmento degli spostamenti di lavoro. Tutte le aziende sono ormai consapevoli della scarsa utilità di continuare a svolgere riunioni fuori sede, attività che possono essere significativamente ridotte a favore dell’utilizzo sempre più diffuso dello smart working. Questa scelta, se da un lato riduce i costi per l’azienda, allo stesso tempo sottrae importanti risorse per il settore dei trasporti in genere e del trasporto aereo in particolare, se è vero come è vero che gli spostamenti di lavoro costituiscono una rilevante percentuale della domanda complessiva di trasporto aereo interno.

Il commercio al dettaglio, in particolare la grande distribuzione organizzata, è in questi giorni la cartina di tornasole del livello di panico diffuso fra i cittadini. Lo dimostrano gli assalti agli scaffali e le file interminabili (ma sempre ordinate e rispettose delle distanze di sicurezza) all’esterno. Come altra faccia della medaglia, troviamo le serrande abbassate dei negozi di prossimità per tutte quelle filiere che sono state ritenute non essenziali alla sopravvivenza: ad esempio bar, negozi di abbigliamento, scarpe, mobili ed arredamento etc. Tutti segmenti del commercio che, passato COVID-19, possiamo facilmente immaginare esposti ad una sempre più aspra competizione fra commercio tradizionale e online per accaparrarsi quote sempre maggiori della domanda. La differenza non la farà più solo ed esclusivamente la qualità del prodotto, ma anche il servizio che lo accompagna (acquisto, consegna, post-vendita, assistenza) e la logistica italiana non può farsi trovare impreparata di fronte a questo scenario.

Il settore dei servizi di consegna, dell’home delivery così come dell’instant delivery, è quello che sta crescendo di più in questo periodo, con un eccesso di domanda che l’offerta – al momento – non riesce a gestire a causa della mancanza di forza lavoro.

Effetti sociali

Ci stiamo tutti rendendo conto che questa dolorosa crisi sta offendo al nostro Paese una occasione formidabile per schiacciare il pulsante reset. Dopo aver preso consapevolezza dell’indifferibilità degli interventi in tema di salvaguardia ambientale (effetto Greta Thunberg), adesso siamo forzatamente in pausa. Ci stiamo chiedendo se questo sia o no il momento opportuno per premere il pulsante di re-start, quali cose dovranno inevitabilmente cambiare e quali potranno restare uguali a come le conosciamo.

Una delle nostre pratiche commerciali più arcaica e consolidata – l’ accordo fra le parti tramite una stretta di mano – è di fatto diventata un’azione da evitare.

Stiamo per assistere alla più grande migrazione di tutti i tempi di lavoratori da un settore produttivo ad un altro. Questo momento di “rimescolamento” lavorativo sarà qualcosa di mai visto prima. In questa fase sarà fondamentale rendere il processo di mobilità dei lavoratori, in termini di assunzione e di riqualificazione, rispondenti alle necessità del mercato per evitare livelli di disoccupazione elevati per periodi prolungati. Il turismo, il retail tradizionale e l’entertainment sono tra i settori al momento più esposti agli effetti nefasti della crisi e inevitabilmente perderanno posti di lavoro. È necessario quindi prevedere meccanismi che possano consentire alla forza lavoro di riqualificarsi e inserirsi in altri settori che presentano ampi margini di crescita come il settore digitale (IT, IA, machine learning, etc.), l’industria agroalimentare e quella sanitario-medicale. Sicuramente saremo testimoni della nascita di nuove professionalità e di nuove attività economiche che, prendendo spunto da questa fase disruptive dell’economia, individueranno traiettorie di sviluppo finora impensabili e imprevedibili. Con la prospettiva, che accomuna tutte quelle attività che prendono il via in particolari momenti recessivi dell’economia, di essere più resilienti e durature quando la fase emergenziale viene superata.

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Anche il nostro sistema educativo subirà dei cambiamenti radicali. Già adesso stiamo assistendo all’implementazione su scala globale del concetto di aula digitale, superando le resistenze di presidi ed insegnanti spesso contrari a questo approccio (l’unico che possiamo perseguire in questo momento per assicurare la continuità formativa). Questo è il momento perfetto per digitalizzare e smaterializzare i canali educativi, rendendoli alla portata di tutti in un più ampio programma di democratizzazione del sapere.

Nel giro di poche settimane tutti abbiamo dovuto imparare ad utilizzare le app di consegna a domicilio di cibi e merci. Questa esperienza si consoliderà come abitudine quotidiana della popolazione anche nel post COVID-19, cambiando in modo permanente e definitivo i nostri comportamenti e stili d’acquisto.

Possiamo facilmente prevedere che in futuro libri, pubblicazioni, film e spettacoli teatrali si divideranno fra quelli prodotti prima e dopo il COVID-19: non compariranno più abbracci, strette di mano, riunioni ma piuttosto persone che indossano mascherine mediche e città con distanziamento sociale diffuso.

Una ulteriore riflessione sociologica deve essere rivolta alle persone che vivono da sole, ai nuclei familiari individuali, costretti a stare in casa in isolamento senza avere alcun contatto umano – ma solo virtuale – con familiari ed amici. Il distanziamento sociale è una pratica che si sta dimostrando efficace per contenere la diffusione della pandemia, ma sta causando – e lo farà in modo sempre più drammatico con l’estensione nel tempo delle misure di contenimento – una sorta di recessione sociale, che colpisce in misura maggiore le persone meno abituate a gestire gli effetti negativi dell’isolamento e della solitudine, anziani e malati in prima battuta. E sono proprio anziani e malati i segmenti della popolazione che, oltre ad aver pagato un contributo maggiore di altri in termini di decessi, sono i più esposti sia dal punto di vista sanitario sia da quello psicologico, con effetti che potremo misurare compiutamente solo nei prossimi mesi.

Effetti sanitari

Essere consapevoli di quanto sta accedendo adesso in termini sanitari è fondamentale, così da poter subito riscrivere le regole di ingaggio nel caso di future crisi globali di questo tipo. Non possiamo perdere l’occasione di individuare un set di buone pratiche, da condividere a livello planetario, per la gestione futura di eventi di questo tipo che ormai hanno la caratteristica della ciclicità. Anche perché, ogni nuovo virus che mette in pericolo la vita delle persone più deboli e più esposte alla malattia, come sta avvenendo con il COVID-19 , causa un comprensibile senso di impotenza e quasi di disperazione nella popolazione.

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Quanto più il periodo di emergenza e distanziamento sociale sarà lungo, tanto più saremo consapevoli che la vita delle persone non può essere subordinata a un’economia di mercato che non contempli nessun tipo di impronta pubblica. Sarà perciò indispensabile intraprendere con risolutezza un nuovo ciclo di investimenti sociali che abbiano come bussola le misure di un nuovo Green Deal. Questa è una certezza così come la rilocalizzazione delle filiere farmaceutiche e medicali in prossimità dei mercati di utilizzo.

Il progresso dell’umanità avviene sostanzialmente per discontinuità. Anche le grandi epidemie di peste nel Medioevo sono state prodromiche di una serie di importanti miglioramenti nella società, nell’economia, nel sistema sanitario. Allo stesso modo il COVID-19 imporrà cambiamenti globali ed epocali nel settore come, ad esempio, l’istituzione di un passaporto sanitario digitale per consentire una circolazione sicura e controllata delle persone su scala internazionale.

Effetti istituzionali

Come effetto immediato sul sistema economico e politico, la crisi ha spazzato via il concetto di indipendenza del mercato e dei lavoratori. Tutti abbiamo infatti accettato l’obbligo, imposto per decreto, di chiudere la totalità delle imprese private appartenenti a specifiche filiere (i famigerati codici Ateco dei DCPM). E non solo in Italia, ma anche in un Paese campione del liberismo come gli Stati Uniti.

Questo momento potrebbe essere quello in cui, nella storia contemporanea, i Governi democraticamente eletti esercitano il massimo del potere e del controllo sulla società, sull’economia e quindi sui cittadini. Anche il concetto di privacy sembra non essere più un argomento tabù se visto nell’ottica della difesa della salute nazionale.

Qualche riflessione men che conclusiva

Nella nostra adolescenza di generazione degli anni ‘60 abbiamo esplorato i limiti delle nostre paure più ancestrali attraverso il cinema con film come “Lo squalo” – che ha terrorizzato adolescenti che nuotavano in acque meno che limpide – o quelli in cui era presente la famigerata pozza di sabbie mobili che inghiottiva il malcapitato di turno. In questi film il nostro eroe era l’unico che sapeva quali erano gli strumenti e le regole da seguire per sopravvivere in quei frangenti così complicati. Ma con l’età della consapevolezza abbiamo appreso che le sabbie mobili non sono una minaccia così terribile e definitiva come pensavamo e che non è detto che uno squalo ti debba aggredire sempre. Questa analogia con gli incubi adolescenziali si presta bene a comprendere il terrore diffuso dal COVID-19 a livello globale.

La prima e più evidente conseguenza di questa pandemia sarà l’accelerazione della digitalizzazione della nostra quotidianità, seguita dalla necessità di ripensare il sistema delle norme e il ruolo dei regolatori. Possiamo immaginare che tutte le decisioni che impattano sulla salute e sulla vita stessa delle persone siano sottratte dal controllo locale, sia in una dimensione nazionale, per quanto riguarda il rapporto fra Stato, Regioni e Comuni, sia per quello che riguarda il ruolo di ogni Paese, Italia inclusa, all’interno dell’Unione Europea. Se Bruxelles non sarà in grado di dare risposte unitarie e sistemiche ai diversi impatti economici, sociali, sanitari e istituzionali, allora la stessa esistenza dell’Unione Europea sarà messa a dura prova da spinte sovraniste di scarso respiro e di dubbia efficacia (come dimostra la diffusione del virus e il suo impatto sui mercati – anche su quelli protetti/nazionali).

Dobbiamo quindi affrontare questa formidabile sfida su vari piani garantendo la tenuta sociale, sanitaria, economica e istituzionale, pensando non solo a come gestire questa situazione di emergenza contingente ma anche a quali scelte strategiche mettere in campo nel dopo COVID-19, spazzando via tutta la burocrazia e l’inefficienza della macchina dello Stato che adesso non possiamo più permetterci, mettendo in sicurezza gli istituti che garantiscono la democrazia nel nostro Paese e, allo stesso tempo, accorciando in modo drammatico la catena di comando al fine di adottare tempestivamente le numerose misure che il futuro richiederà per superare la crisi.

Di fronte a una crisi sanitaria che soltanto adesso sta generando una caduta economica stimata fra il 7 ed il 20% del PIL europeo, dobbiamo focalizzarci sulle nuove esigenze della popolazione e delle aziende. Se affrontate con innovazione e creatività, saremo in grado di generare nuove opportunità di business attraverso una sempre maggiore collaborazione fra pubblico e privato, in una sinergia positiva nella quale il pubblico crea le condizioni per progetti sistemici di ampio respiro (ad esempio la digitalizzazione di un intero settore), agevola la creazione di reti e network e poi lascia all’iniziativa privata l’utilizzo e la diffusione del know how così generato.

Per questa ragione gli investimenti pubblici non dovrebbero essere orientati a garantire la semplice sopravvivenza dei settori economici così come li abbiamo conosciuti finora, in una logica di business as usual. Dovrebbero invece innescare interventi strutturali di settore in un’ottica di rafforzamento del cosiddetto Green Deal.

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Lo smart working è ormai una condizione di lavoro diffusa che deve essere resa un’opzione comune anche nel post COVID-19, con investimenti nella formazione dei lavoratori e dei cittadini all’utilizzo massivo ed intensivo delle nuove tecnologie.

Sta nascendo un nuovo modello di società fondato sulla flessibilità, sull’adattamento e sulla resilienza, qualità indispensabili per garantire la sopravvivenza del genere umano. Qualità che non sono semplici né da insegnare né da apprendere e che, proprio per la loro scarsità, saranno le nuove priorità per i responsabili degli uffici del personale nella ricerca e nella selezione delle risorse umane nei prossimi anni.

Guardando oltre la siepe scopriamo che stiamo per entrare nel periodo più innovativo di tutta la storia moderna. Le persone stanno recuperando il tempo necessario per pensare, per leggere, per scrivere, sottraendolo alla frenesia della quotidianità per affrontare la riscrittura delle regole e la riformulazione dei modelli sociali: è questo il momento in cui la società tutta si rinnova con la nascita di nuovi prodotti, nuovi servizi, nuove attività imprenditoriali. D’altro canto, a fronte di queste opportunità dovremo imparare a gestire gli impatti sui segmenti della popolazione che non saranno in grado di cogliere il cambiamento: il rischio è che quello di un’ondata di stress sociale senza precedenti che potrebbe, se non opportunamente gestita, causare un aumento sensibile dei reati e sfociare in disordini sociali.

È necessario per tutti noi smettere di pensare a cosa non è più possibile fare, concentrandoci invece su cosa è possibile reinventare in questa drammatica fase dell’evoluzione dell’umanità. Una fase che potrebbe essere il preludio di un nuovo Rinascimento nell’accezione più positiva e promettente del termine.

Massimo Marciani
Presidente del Freight Leaders Council 


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