Da autista a professionista: ecco come fare per elevare l’appeal dell’autotrasporto

Sono stati recentemente diffusi alcuni dati statistici sulla popolazione degli autisti professionali (quelli dotati di CQC). Il dato forse più sorprendente è che, considerando che la vita professionale inizia a 18 anni e termina improrogabilmente a 65, il 30% della popolazione si trova negli ultimi 10 anni di carriera e solo l’1,4% nei primi dieci. Non serve un background statistico per capire come, con i numeri attuali, ogni anno usciranno dalla professione molti più autisti di quanti stanno entrando. Ci sono le condizioni per avere una reale crisi per mancanza di autisti già nella prossima estate se non vengono accuratamente programmati e pianificati i picchi durante il periodo delle ferie stagionali. E la crisi non potrà che peggiorare nei prossimi anni.

L’Italia si unirà dunque alla Germania e all’UK dove già la carenza di autisti si conta in decine di migliaia.

Il problema non è di oggi. L’appeal della professione di autista di camion è molto peggiorato. Un operaio turnista con stipendi appena inferiori ha una qualità della vita assai migliore: può portare o andare a prendere i figli a scuola anche se non tutte le settimane; dorme a casa regolarmente e può avere una vita di relazione infrasettimanale con amici e conoscenti. Gli autisti di camion invece dormono spesso fuori, non possono sempre pianificare i ritorni a casa, quando non guidano e sono in attesa del carico spendono molte ore in luoghi spogli e molto spesso senza servizi. Sopportano notevole stress da rischio furti o rapina.  Spesso devono eseguire lavori gravosi come il carico o lo scarico dei mezzi che guidano (è un po’ come se facessimo un paio d’ore di palestra proprio prima di portare la famiglia in vacanza con l’auto!). La pressione per il rispetto dei tempi di consegna li spinge a fare cose rischiose come l’uso di uno di smartphone e persino tablets durante la guida.

E’ chiaro che occorre qualcosa che nessuna società di trasporto può fare da sola: lavorare per ridisegnare il lavoro di autista, rendendolo appetibile alle giovani generazioni.

L’albo dell’autotrasporto ed UNRAE hanno già fatto due bandi per attirare giovani autisti, entrambi con notevole successo; il costo del conseguimento della patente e del CQC è rimborsato sotto i 35 anni. Tuttavia, è necessario fare molto di più. Chi chiama i camion al carico deve rendere l’attesa più breve e dotare i piazzali di servizi basilari come toilette pulite, sale d’attesa, macchine distributrici di bevande e snacks: c’è chi ha proposto un Tripadvisor delle aree di sosta per indurre un circolo positivo di miglioramenti. Occorre addestrare gli autisti al loro lavoro, fare in modo che non vengano richiesti lavori gravosi che mal si adattano ai successivi periodi di guida. Occorre riservare corsie a pedaggio automatico ai mezzi pesanti per evitare al massimo il mescolamento con autovetture. Avere aree di sosta organizzate e protette lungo le direttrici autostradali dove l’autista possa avere una vera e propria ricreazione serena. Si possono utilizzare i tratti intermodali in modo da massimizzare il corto raggio che consente il ritorno quasi quotidiano al domicilio di residenza. E così via.

Molto importante sarebbe anche predisporre una serie di attività parallele per il miglioramento del mondo in cui l’autotrasporto si muove.  In primis, servirebbe far conoscere il lavoro a chi, profano del trasporto merci, gode dei suoi servizi, senza sapere che cosa ci sia “dietro”. Insomma, dovremmo cercare di elevare la reputazione e il rispetto verso chi guida un mezzo pesante: chi si trova al volante di un’automobile dovrebbe alzare la mano quando sorpassa un camion per ringraziare l’autista per quanto sta facendo.

Occorre mettersi al lavoro presto, con la massima urgenza, se non vogliamo vedere lo spettacolo triste dei camioni fermi nei piazzali, in attesa di qualcuno disposto a guidarli o dei negozi vuoti in attesa di un carico che non arriva.

Antonio Malvestio

Past President del Freight Leaders Council

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