Porta (InRail): “Macchinista solo, incentivi e investimenti per rilanciare il cargo ferroviario e superare il gap italiano”

A pochi giorni dalla presentazione del Quaderno 27 del Freight Leaders Council sull’intermodalità ferroviaria abbiamo intervistato Guido Porta, presidente e amministratore delegato di InRail, uno dei gruppi più  rappresentativi del settore.

Il Freight Leaders Council sta per presentare il Quaderno 27 dedicato all’intermodalità ferroviaria. Quali sono secondo Lei sono le criticità che ancora sconta il settore?

Per avvicinarsi agli obiettivi fissati nel Libro Bianco dei Trasporti, che prevede il trasferimento, entro il 2030, del 30% del trasporto di merci su strada per più di 300 km ad altri mezzi di trasporto come la ferrovia, occorre proseguire con quanto ad oggi in essere in termini di incentivi tesi a ridurre a coprire gli extra-costi che le imprese ferroviarie devono sostenere, a fronte del gap infrastrutturale e qualitativo della rete rispetto agli standard europei.

Inoltre, ritengo si debba continuare nell’incentivare la formazione di nuovi addetti, in modo da creare un’offerta di macchinisti tale da consentire una crescita organica del settore senza che le aziende debbano contendersi queste figure sul mercato del lavoro. Sempre nell’ambito dell’utilizzo di risorse preziose quali macchinisti, è ora che si superi il tabù del macchinista solo in quanto, come è noto, l’Italia è l’unico Paese europeo in cui non si riesce ad adottare questo modello operativo.

Infine, penso sia anacronistico che l’Italia sia l’unico Paese tra quelli sviluppati sotto l’aspetto ferroviario in cui le imprese ferroviarie devono chiedere estensioni linea per linea non potendo ottenere una certificazione sull’intera rete.

Ci sono invece buone pratiche in Italia e all’estero da riprodurre o rafforzare?

Una misura che secondo me dovrebbe essere riattivata a livello europeo e/o nazionale è il supporto finanziario a nuovi progetti di trasporto, come avvenuto in passato attraverso il Progetto europeo Marco Polo che finanziava un progetto su tre anni a quote decrescenti coprendo così i costi di start-up.

Inoltre, prendendo spunto dagli standard europei, non solo la rete primaria ma l’intera rete dovrebbe essere progressivamente adeguata sotto il profilo tecnico-strutturale, in modo da consentire il più rapidamente possibile il transito di treni di lunghezza pari a 750 metri, peso totale pari o superiore a 2.000 tons e sagoma P80. Per come è costituita la rete ferroviaria italiana, infatti, non è sufficiente adeguare solo gli assi più importanti in quanto sul territorio ci sono una serie di terminali minori altrettanto interessanti sotto l’aspetto ferroviario.

InRail è una realtà molto vivace. Nel gruppo da poco è nata LocoItalia – la prima rolling stock company italiana. Ci sono altre novità in arrivo? Come vede il futuro del suo gruppo?

Credo che il gruppo, nel prossimo decennio, debba capitalizzare quanto già realizzato in modo da diventare un player primario nello sviluppo del cargo ferroviario in Italia, con estensioni operativi e commerciali anche nei Paesi limitrofi. Tengo a precisare che, nel breve, InRail sarà la prima impresa italiana a diventare operativa anche sulla rete ferroviaria slovena.

Nell’ambito del nostro gruppo, ritengo che InRail possa giocare il ruolo più rilevante, raddoppiando entro il 2023 la propria capacità produttiva, arrivando a una dotazione complessiva di oltre 20 locomotive, incrementando il proprio Personale Operativo e ampliando in maniera significativa la propria quota di mercato.

La vostra sede è da sempre a Genova: una città toccata dalla gravissima tragedia del crollo del ponte Morandi. Quali sono state le ripercussioni sulle vostre aziende?

La tragedia di ponte Morandi ha determinato pesanti ripercussioni sull’altra Impresa Ferroviaria del gruppo, FuoriMuro, che effettua le manovre ferroviarie all’interno del Porto dietro concessione dell’Autorità di Sistema Portuale.

Il crollo del ponte del 14 agosto scorso ha interessato l’unica linea ferroviaria per l’entrata/uscita delle merci dal Porto storico comportando la completa interruzione dell’attività di FuoriMuro, con un mancato fatturato stimato in circa 10.000 euro al giorno. Siamo stati inoltre costretti a ricorrere alla Cassa Integrazione a rotazione per il Personale Operativo impiegato in questa attività.

Colgo l’occasione per unirmi a tutte le Autorità locali e agli imprenditori del Porto per chiedere un ripristino della viabilità, attraverso la costruzione di un nuovo ponte, nel minor tempo tecnico possibile. Chi non vive qui non si rende conto di quale disagio tutti i genovesi, imprenditori e cittadini, vivano quotidianamente per la mancanza di questa importante infrastruttura.

 

 

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